Il bike sharing, già simbolo di libertà perché non prevede la proprietà di alcuna bicicletta, ora diventa addirittura condominiale. Traduzione: se fino a ieri il servizio si rivolgeva ai singoli, ora si ragionerà anche come collettività. Il tutto grazie al Disegno di Legge Anziani appena approvato in Parlamento.
Sì ma che c’entra un DDL che si rivolge dagli ultrasessantenni in su con il bike sharing? C’entra eccome, visto che predispone misure normative e fondi (circa 3.8 milioni di euro) da destinare ad anziani fragili ma anche al finanziamento di servizi come cure domiciliari e formule di coabitazione sociale (cohousing). Ed è proprio il cohousing il grimaldello con cui provare ad aprire la porta su un mondo nuovo, atteso da molti (ma non da tutti), fatto di mobilità attiva e non più soltanto passiva.
I vantaggi del bike sharing includono la riduzione della congestione del traffico, il miglioramento della qualità dell’aria, l’aumento dei livelli di attività fisica e la riduzione dei costi rispetto ad altre forme di trasporto. Insomma: una cosetta da nulla!
Il bike sharing è diventato un modello popolare di trasporto nelle città di tutto il mondo. È conveniente, economico ed ecologico. Il bike sharing condiviso è una forma di bike sharing che consente agli utenti di noleggiare biciclette in una stazione e restituirle a un’altra diversa da quella iniziale.
Se la somma fa il totale, ecco un’operazione matematica alla portata di tutti: ‘Sharing Economy+Cohousing Sociale = Condominio Solidale’. Nessun concetto astratto, nessun gioco di parole: perlomeno io la vedo così e ora provo a spiegarvi quali sono i singoli addendi di questa operazione e perché la loro somma può rappresentare un vantaggio economico, soprattutto per il ceto medio-basso.